Il Forum Diseguaglianze e Diversità ha da poco pubblicato un documento che mette a confronto tre scenari plausibili per il post-crisi del Covid-19. Il primo, “normalità e progresso”, relega il ritorno dell’azione pubblica a una parentesi emergenziale, chiedendo il veloce ritorno alla situazione pregressa. L’emergenza del coronavirus come parentesi della Storia, incessantemente diretta verso un futuro radioso già scritto nel passato.

Il Forum Diseguaglianze e Diversità ha da poco pubblicato un documento che mette a confronto tre scenari plausibili per il post-crisi del Covid-19. Il primo, “normalità e progresso”, relega il ritorno dell’azione pubblica a una parentesi emergenziale, chiedendo il veloce ritorno alla situazione pregressa. L’emergenza del coronavirus come parentesi della Storia, incessantemente diretta verso un futuro radioso già scritto nel passato. Il secondo, “sicurezza e identità”, approfitta del momento per trasformare il maggiore protagonismo dell’azione pubblica in uno Stato-Leviatano che controlla e sanziona, azzerando la diversità e il conflitto sociale. Il terzo scenario, “un futuro più giusto di prima”, usa invece la bussola della giustizia sociale per costruire un’economia più inclusiva e una prosperità non riservata a pochi, siano essi individui, classi sociali o territori.

In parte, un’anticipazione di questi scenari la vediamo all’opera nelle proposte che si susseguono per il rilancio del settore turistico, certamente uno dei più colpiti dalla crisi. Come suggerisce l’esperta di turismo Valentina Doorly (FutureCube) è probabile che nei prossimi mesi la domanda turistica si indirizzerà verso destinazioni di secondo circuito, piccoli centri delle aree interne collinari e montane. Un forte calo di visitatori, invece, si registrerà nelle città d’arte, nelle aree urbane a vocazione business e, più in generale, nelle mete tradizionalmente affollate, specie quelle di fascia bassa.

Del resto, è in calo anche la “metrofilia” residenziale, stando a quello che indica la domanda di case. Uno studio pubblicato da una nota società immobiliare, evidenzia che nel periodo pre-pandemia circa il 34% delle ricerche di abitazioni a livello nazionale interessavano capoluoghi di provincia, mentre da quando sono in atto le misure restrittive la ricerca si è abbassata di vari punti percentuali a favore dei piccoli centri. Come difendere il settore turistico dagli effetti economici della crisi sanitaria? Come generare valore inclusivo dal policentrismo territoriale italiano?

Una prima formula – molto criticata dagli stessi operatori – prospetta una sorta di ritorno alla “normalità perduta”, sul modello del primo scenario disegnato dal Forum. L’idea è di installare nelle spiagge box trasparenti, in plexiglas e profili in alluminio, di 4,5m per lato con un accesso di 1.5m di ampiezza. Più che un senso di “normalità ritrovata” una progettualità del genere mette in scena il ritorno a una “normalità distorta”. Come se tutto potesse proseguire come prima grazie ad accorgimenti tecnici che, garantendo (forse) il rispetto della “distanza”, ci consegnano esperienze vuote e prive di senso come il mare senza vento.

Altre soluzioni si basano sulla disponibilità individuale di risorse, rimandando quindi alle diseguaglianze di reddito e ricchezza. Le spiagge, i musei, le città d’arte saranno fruibili a chi potrà permettersi di sostenere l’aumento dei costi “di adeguamento” di beni e servizi. Il distanziamento sociale si potrà comprare, garantendo così profitti al settore, sicurezza sanitaria e fruibilità del patrimonio culturale e naturalistico. In altre parole, un lusso solo per pochi. Ciò che, del resto, è successo in UK: dall’imposizione del lockdown – riportava il Sunday Times del 19 aprile – 545 jet privati sono atterrati sull’isola, anche provenienti da paesi a elevata diffusione del contagio, come gli Stati Uniti.

Accanto a proposte artificiose o elitarie, si fanno strada nei territori idee in linea con il terzo scenario disegnato dal Forum.

Un esempio concreto proviene dal Comitato Costa degli Etruschi, che raccoglie un’ottantina di operatori della filiera turismo-ristorazione-ricettività di una quindicina di comuni, da Rosignano a Piombino. L’iniziativa invita il personale medico e paramedico delle prime zone rosse a soggiornare gratuitamente presso le strutture aderenti al comitato, coinvolgendoli in percorsi di turismo lento ed esperienziale. Questa alternativa suggerisce la possibilità di interventi innovativi di risposta alla crisi del settore.

L’Italia è ricca di territori con media e piccola ricettività diffusa, un circuito “minore” meno inserito nei percorsi del grande turismo, capace di offrire paesaggi straordinari, enogastronomia di qualità e fruizione di piccoli tesori artistico-culturali. Territori, questi, che dovrebbe entrare in un programma pubblico di supporto attivo. Un Programma che, per esempio tramite voucher, sia destinato a chi, in questi mesi difficili, ha salvato vite e tenuto in piedi le filiere fondamentali dell’economia (non solo quelle medico-sanitarie) e si è speso per il bene collettivo.

Ciò raggiungerebbe il duplice scopo di dare un po’ di ossigeno a un settore duramente colpito, riconoscendo nel contempo lo sforzo profuso da migliaia di persone che hanno continuato a lavorare correndo rischi personali, spesso senza protezioni adeguate. Sarebbe un segnale che, per quanto piccolo, indicherebbe una direzione possibile verso un futuro senza cabine di plexiglas o riservato esclusivamente a chi possiede le risorse per comprare la distanza di sicurezza.