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“Quando non vengono specificati in anticipo in tutti i particolari le operazioni da compiere rimane più spazio all’improvvisazione radicale. Improvvisazione e descrizione incompleta sono ciò che collega questo tipo di riparazione tecnica agli esperimenti sociali radicali” (Richard Sennet, nel rileggere le esperienze dell’attivista sociale Saul Alinsky). Abbiamo intervistato Giulia Allegrini, docente della prima edizione del Master in Gestione e co-produzione di processi partecipativi, comunità e reti di prossimità, all'interno del quale si è occupata di Strumenti e tecniche di facilitazione

 Giulia Allegrini è Phd in Sociologia, è attualmente assegnista di ricerca presso il Dipartimento delle Arti dell’Università di Bologna e professoressa a contratto presso il Dipartimento di Sociologia e Diritto dell’Economia del medesimo ateneo. Progetta e facilita processi di ricerca-azione in collaborazione con enti pubblici, associazioni, Ong, utilizzando diverse metodologie di ricerca partecipativa.

Il Master ha l’obiettivo di formare “agenti di prossimità”. Perchè è così importante, oggi, questa figura e perché è fondamentale la formazione?

È una risposta che dovrebbe certamente essere tenere conto del contesto in cui va ad operare ma possiamo fare uno sforzo di generalizzazione per inquadrare questa figura. Calata nel contesto attuale è necessaria per le conflittualità sociali latenti che oggi stanno esplodendo, per l’emergere di nuovi bisogni e per altri già presenti che non avevano ancora trovato risposte e che si stanno inasprendo per urgenza e necessità. Il tessuto sociale è stato messo indubbiamente a dura prova, anche se questi concetti valevano chiaramente anche prima. Le parole chiave sono: tessuto sociale, bisogni, conflitti, ma anche dinamismo locale come opportunità. Oggi vanno indubbiamente ripensate alla luce delle trasformazioni che stiamo ancora cercando di comprendere.

L’altra parola chiave è: complessità. Il tema chiave legato alla complessità è quello dell’interdipendenza dei bisogni, dei diritti e delle tante soggettività. La necessità è quella di fare un lavoro integrato e sistemico, di ascolto e di coprogettazione. Questa complessità oggi va affrontata e la figura dell’agente di prossimità non va collocata solo nella stretta applicazione di tecniche e metodologie ma dentro la capacità di lettura di processi e fenomeni. L’ideale è riuscire a collegare e connettere bisogni, diritti e soggettività in una visione il più possibile ecosistemica.

Perché il suo insegnamento è importante per questa figura?

Il mio insegnamento sugli strumenti e le tecniche di facilitazione, la metodologia, la gestione dei conflitti e dei gruppi, l’ho collocato all’interno di una visione di processo complessiva. Una parte del modulo l’ho dedicata ai principi di fondo ma anche alla comprensione del sistema in cui si va ad operare.

Arrivo anche dal mondo della ricerca e quindi ritengo importante  dare valore all’analisi dei fenomeni e ho sempre pensato che scorporare la tecnica dall’analisi dei contesti, dei processi in gioco più ampi, sia rischioso. La domanda chiave quindi è: qual è il tipo di cambiamento che vogliamo portare in risposta a bisogni e conflitti? Con l’obiettivo di collegare il “qui e ora” con una riconfigurazione “del possibile”, ossia la prospettiva del futuro.

Se le chiedo di sintetizzare i contenuti del suo corso in una frase/citazione, quale sarebbe?

Per rispondere vorrei recuperare le parole usate dal sociologo Richard Sennet, nel rileggere le esperienze di un attivista sociale, Saul Alinsky, nella Chicago degli anni 50, spiegate attraverso la metafora del “laboratorio artigiano”: “quando non vengono specificati in anticipo in tutti i particolari le operazioni da compiere rimane più spazio all’improvvisazione radicale. Improvvisazione e descrizione incompleta sono ciò che collega questo tipo di riparazione tecnica agli esperimenti sociali radicali”. Trovo queste parole estremamente attuali, certamente sfidanti per la figura dell’agente di prossimità, e credo che questo corso possa contribuire a tracciare un terreno di sperimentazione di questo tipo.


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