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Piazza Santo Stefano
4. La sistemazione di piazza Santo Stefano e il progetto per la piazzetta di Santa Maria della Vita

Il programma per la riqualificazione di vari ambiti della città, coordinato dalla Commissione Arredo Urbano del Comune di Bologna, viene avviato alla fine degli anni Ottanta con alcune ipotesi di riassetto di varie entità. Dino Gavina, consulente della Commissione, propone di incaricare l’architetto Luigi Caccia Dominioni per affidargli, tra i vari temi individuati, lo studio per la sistemazione della piazzetta della Vita, di fronte alla chiesa di Santa Maria della Vita in via Clavature.

(Nell'immagine in alto: nuovo assetto di Piazza Santo Stefano, progetto Luigi Caccia Dominioni, realizzazione Comune di Bologna)

In occasione di uno dei primi sopralluoghi, Gavina lo conduce in Piazza Santo Stefano dove erano in corso lavori sulle reti tecnologiche interrate. Il commento di Caccia Dominioni Finalmente la piazza viene messa a posto!” fa maturare in modo del tutto inaspettato l’idea di affrontare concretamente il riassetto della piazza, affidandone lo studio all’architetto milanese. Gavina scrive una lettera al Sindaco Renzo Imbeni che riceve un immediato riscontro. Nasce così, in un tempo assai stretto, il progetto di massima che viene approvato da Comune e Soprintendenza e poi eseguito a cura dell’ufficio Centro Storico comunale, seppure con alcuni discostamenti dalle linee progettuali definite da Caccia Dominioni. La piazza è inaugurata il 6 giugno 1991.


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Per la sistemazione della piazzetta della Vita il progetto di Caccia introduce due elementi di rinnovamento. Un cratere-aiuola “corregge” la pendenza della slargo, attraversato da una ”stuoia” lapidea che collega il Portico della Morte alla Chiesa della Vita, riportando idealmente al ricordo delle Confraternite che lì avevano la loro sede. Il progetto viene redatto fino alla fase esecutiva, ma non viene realizzato, anche in conseguenza del riassetto della giunta comunale.

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La città della luce. Le luminarie natalizie a Bologna
3. Un nuovo modo di addobbare la città

Dopo un primo approccio che aveva portato l’ufficio di Gavina all’elaborazione di alcuni schemi di intervento, nel 1990 prende sostanza un vero e proprio programma organico per le luminarie natalizie a Bologna. Il progetto, commissionato dall’Associazione Commercianti e redatto da Monica Maimone e Sandro Tranchino (Studio Festi, Milano) e da Silvio Binini, Marco Denti, Daniele Vincenzi (Studio Gavina, Bologna), è studiato per essere applicato in varie zone della città.

(Nell'immagine in alto: casacata di luce dalle Due Torri)

Si tratta di un piano complessivo di intervento che reinterpreta radicalmente la natura delle luminarie natalizie, riportandole a una essenzialità e pulizia più efficacemente legate alla valenza spaziale della città oltre che alla tradizione storica dei grandi apparati scenografici effimeri. Un scelta progettuale ripresa e rinnovata negli anni a seguire fino ai giorni nostri.

In occasione della prima edizione della Città della Luce il portico del Pavaglione viene addobbato con forte senso innovativo grazie a un oggetto mobile riflettente, ispirato all’opera Lampshade di Man Ray del 1920. Un’opera che da sempre sta sospesa nell’ufficio di Gavina a San Lazzaro, dono dell’artista.


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Arredo urbano. Luoghi e sistemi per la città
2. Sperimentazioni e applicazioni di sistemi diffusi di arredo urbano

In concomitanza con la nascita e lo sviluppo dell’azienda Paradisoterrestre, il gruppo di lavoro avviato da Gavina affronta varie tematiche per innovare la progettazione degli spazi urbani e delle componenti di arredo per l’esterno. In questo clima nascono diverse occasioni di collaborazione con la pubblica amministrazione di Bologna, che si avvale di Gavina per ipotizzare la sistemazione di alcuni luoghi del centro storico, mediante semplici interventi di “pulizia” e con l’inserimento di arredi di nuova concezione, improntati alla moderna cultura del disegno industriale.

(Immagine in alto: fittoni Altabella in ghisa, pedonlizzazione di piazza Galvani; Produzione Simonagavina Paradisoterrestre)

Vengono così formulate proposte per lo slargo dove si incrociano via Farini e via Santo Stefano, per la piazza della Mercanzia, per la piazza di Porta Ravegnana. Mentre questi progetti non hanno seguito, vengono invece attuate alcune sistemazioni più contenute in Piazza Galvani, in Piazza Roosevelt, in via IV Novembre.

Il programma complessivo di riordino dell’arredo urbano interessa anche il sistema di affissioni pubbliche a stendardo, diffuso largamente in tutto il territorio comunale. Proprio per la rilevanza di questi elementi nel panorama cittadino, si decide di sostituire gli impianti esistenti con nuovi manufatti, estremamente semplici e di facile manutenzione. Anche in questo caso viene coinvolto Gavina, che mette a disposizione l’esperienza dei suoi collaboratori e delle aziende costruttrici di fiducia. Viene così sviluppato il modello Bonomia, ad elementi componibili e sostituibili, tuttora in uso nel territorio comunale bolognese.


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I negozi e la città. Spazi aziendali a Bologna e a San Lazzaro
6.
Architetture nella città

Parallelamente allo sviluppo delle aziende create per la produzione di mobili e lampade, Gavina dedica grande attenzione agli spazi di vendita dei prodotti.

Nei primi anni di attività Gavina si avvale della collaborazione di architetti conosciuti in un ambito cittadino, che disegnano vari modelli della sua produzione. A Sergio Cometti viene anche affidato il progetto per il negozio che l’azienda apre in piazza Cavour nel 1956, dotato di originali apparati espositivi, seguito subito dopo dall’incarico per la realizzazione del primo stabilimento della ditta, a San Lazzaro. Lì accanto Cometti realizza anche diverse opere per la Città dei Razzi di Padre Marella, cui Gavina è legato da grande stima e amicizia.

(Nell'immagine in alto: Negozio Gavina in via Altabella a Bologna, progetto Carlo Scarpa 1962)

Nel 1960, a fianco della fabbrica alla Cicogna di San Lazzaro, viene costruito un grande spazio espositivo, un capolavoro architettonico di Achille e Pier Giacomo Castiglioni, costruito all’insegna della massima economia e semplicità.


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Nello stesso momento l’architetto Carlo Scarpa è incaricato di allestire un negozio in via Altabella, in pieno centro storico. La soluzione ideata da Scarpa, che riveste la facciata esterna con una grande piastra in calcestruzzo forata da tonde vetrine di grandi dimensioni, diventa uno dei luoghi più singolari nel panorama urbano, generatrice all’epoca di violente polemiche in nome della conservazione e del rispetto della città antica. Meta da sempre di visitatori di ogni parte del mondo, oggi possiamo serenamente riconoscere quest’opera come un caposaldo dell’architettura contemporanea italiana.

A Gavina va riconosciuto il merito di avere individuato l’architettura come mezzo efficace e necessario per collocare la sua attività rivolta al moderno in un rapporto di attivo scambio culturale con la città.

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